Le galline del Vittoriale sfornavano uova a go-go

Dubito che Gabriele d’Annunzio (Pescara, 12 marzo 1863 – Gardone Riviera, 1 marzo 1938) coltivasse la passione per l’orto (esteta qual era!) ma è risaputo che avesse fatto allestire al Vittoriale un imponente pollaio per soddisfare la sua bramosia di uova. Ne andava letteralmente ghiotto, tanto da consumarne anche cinque al giorno. Sode, al burro, in frittata, l’importante è che fossero sempre fresche! A cucinarle, la fedelissima Albina Lucarelli Becevello, nota anche come “Suor Intingola”, cuoca di d’Annunzio dalla prima guerra mondiale: l’unica donna scampata agli appetiti sessuali del Vate! Forse non corrispondeva ai canoni di bellezza del Divino Gabriele ma lui le voleva un gran bene ed era capace di elargirle anche 2.000 lire di mancia per una frittata ben riuscita! Oltre alle mance, d’Annunzio le inviava tanti piccoli biglietti, a ogni ora del giorno e della notte:

Nel marzo 1926, dopo aver sperimentato l’ “estasi divina” per un uovo sodo, lascia alla cuoca un biglietto per complimentarsi:

Questo tuo è cotto con l’ultima perfezione. E’ sublime. Scivolo sotto la tavola in uno svenimento che nessuna femmina mi farà mai provare

Non solo uova: il Vate amava anche le fettine panate accompagnate da «sottilissime patatine fritte», il risotto agli asparagi, la pernice lessa, il gorgonzola lombardo, il pecorino abruzzese, l’uva, i sorbetti, la cioccolata di Perugia e, ovviamente, lo zabaione! Alternava giorni di digiuno quasi completo a scorpacciate disordinate e compulsive, spesso provocate dall’arrivo di qualche amante. In quei giorni implorava la sua «Santa Cuciniera» affinchè sfornasse

«Can-nel-loni, can-nel-loni… Bisogna che tu abbia cannelloni pronti in ogni ora del giorno e della notte»

Albina si specializzò nel preparare elaborati menù in cui eros e cibo sfociassero in un sodalizio perfetto: ricette sorprendenti, accostamenti sontuosi e ricercati con abbinamenti anche cromatici. Come il celebre riso alle rose con cui, si dice, conquistò Eleonora Duse. Rosa, in quell’occasione, anche la mise en place così come il centrotavola di boccioli fioriti, e infiniti petali di rosa anche sui cuscini e sul letto ardente di passione. Nessun risparmio di stile per tutti gli altri commensali: i pasti venivano serviti su tovaglie di fiandra, con posate d’argento, bicchieri e caraffe di cristallo, porcellane di ogni tipo solo per gustare un semplice uovo sodo! Sempre sotto lo sguardo vigile di una tartaruga morta di indigestione!

 

Questi e altri segreti del desinare dannunziano sono svelati dal libro “La cuoca di d’Annunzio” di Maddalena Santeroni e Donatella Milani, Utet Libri (2015)

In copertina, la cucina del Vittoriale (foto di Marco Beck Peccoz)